Riccardo Guidotti è il nuovo direttore del Como Gospel Choir: eredita l’incarico da Marta Meazza ed è pronto a questa nuova avventura. Trent’anni, varesino, Riccardo si è messo al lavoro anima e corpo fin dal primo istante per dare i giusti input al Como Gospel Choir che, proprio in questi giorni, festeggia il quarto anno di attività.
Andiamo quindi a conoscere meglio il nuovo maestro, cresciuto con e nel gospel: «Ne sono innamorato. Da piccolo ho ricevuto la “chiamata”, è stato come una folgore nella mia vita».
Riccardo, com’è nato il tuo amore per questo genere così lontano dalla tradizione italiana?
«A 11 anni ho assistito al mio primo concerto gospel e lì: cantarlo. E tutt’ora, grazie a Dio, continuo a farlo in varie forme. Il gospel, oltre a essere la mia essenza e passione, è il mezzo tramite il quale riesco a connettermi a Dio. Tutti ciò che sono, sarò e sono stato, è grazie a Dio. E io gli rendo grazie attraverso il dono che lui mi dato, ossia la voce».
Sembra un legame profondissimo…
«Qualsiasi mia decisione mi rimette sulla strada maestra e nel gospel. Un po’ perché lo chiedo, un po’ perché credo che io sia nato per fare questo. Così è stato per la direzione del Como Gospel Choir: la vita, Dio, il destino, mi ha riportato in questo mondo».
Chi ti ha scoperto e lanciato?
«Fin da piccolo ho calcato palchi importanti. Devo tanto al mio ex direttore, Fausto Caravati. Insegnava gospel nella mia scuola, io ero quello che cantava meglio e più forte di tutti. Mi ha chiesto di fare il solista nella festa di fine anno. Piangevo, ricordo che non volevo. Mi hanno convinto e le maestre, così come i genitori alla fine erano tutti in lacrime. E lì ho capito tutto…».
Metodo, regole, professionalità sono concetti che hai imparato da bambino?
«Nel mio primo coro, sapevo le parti di tutti. Ero un “precisino”. Anche la passione per la direzione è partita presto: volevo che si facesse a mio modo».
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Raccontaci altro dei tuoi primi passi…
«A 14 anni entrai nel coro di Varese, il Green Sleeves Gospel Choir. E da lì, è stato un crescendo. Un decollo. E non si finisce mai di fare esperienza e di imparare».
Quanto hai dovuto studiare?
«Tanto e costantemente. Ho fatto studi individuali di armonia, ear training, pianoforte, seminari di body percussion, circle song, teatro, presenza scenica. Sono sempre stato molto attivo nell’apprendimento e tuttora lo sono».
E, nel 2020, è arrivata un’ormai famosa apparizione in tv, a Italia’s Got Talent. Che esperienza è stata?
Indimenticabile, così come il mio percorso nel Sunshine Gospel Choir di Torino, uno dei cori più importanti d’Europa. Come corista e solista, avevo un ruolo. Il Sunshine è una tappa fondamentale della mia carriera, così come al direttore Alex Negro.
Altre apparizioni in tv o collaborazioni importanti?
«Ho avuto la fortuna di cantare con Andrea Bocelli e Tory Kelly nell’Abbazia di San Galgano per “The Journey”, il docu-film dedicato al tenore andato in onda su Paramount Plus. Ma non dimentico la gavetta nelle tv locali, come TeleCupole e Tele7Laghi, oltre ai tour nei teatri italiani».
Torniamo al gospel. Perché è un genere fondamentale?
«Faccio mia una citazione afroamericana: “chi sa cantare gospel, può cantare tutto”. Ed è vero, il gospel è la radice della musica moderna».
L’hai mai tradito, anche solo per motivi professionali?
«Ho cantato anche altri generi, per guadagnarmi la pagnotta. Ma ho sempre cercato di trasformare le mie performance in chiave gospel: la musica “black” è la mia vita. Il mio sogno è sempre stato essere il corista bianco in mezzo ai neri. A Pasqua 2019, in una chiesa di Filadelfia, il sogno si è avverato: un’emozione incredibile».
Ora inizi questa nuova esperienza al Como Gospel Choir. Te l’aspettavi?
«Il coro ha pensato a me, ancora una volta ho colto “la chiamata”: non ho potuto farmi scappare questa opportunità. Ho preso un periodo di distanza, mi sono concentrato su altri generi. Ma in cuor mio chiedevo a Dio di farmi tornare al gospel. Detto e fatto, sono tornato al mio amore».
Come è nato l’incontro?
«Mi ha chiamato il presidente Stefano Vita, proponendomi la direzione. So che è un’idea nata dopo una Messa gospel, in cui si esibiva il coro. Avevo già svolto con loro una masterclass di gospel: è stato come un disegno già abbozzato, che ci ha in qualche modo uniti nel pensiero».
Obiettivi e aspettative?
«Dio mi ha donato anche la capacità di tirare fuori il meglio dai coristi, dai solisti e dai musicisti. Cerco sempre un esempio che possa mettere a proprio agio chi mi ascolta, frutto di lavoro, tecniche e pratica sul campo. La mia attenzione ai dettagli permette di migliorare la qualità del coro nel suo complesso. Lo faccio perché dobbiamo rispettare un genere musicale che non è nostro. C’è da lavorare, ma non ci poniamo limiti».
Un messaggio ai coristi?
«Ci sarà da lavorare, sudare, ma ci godremo tutto. Sarà fonte di gioia per tutti. Ci godremo quello che faremo: ho aspettative rosee e metterò tutto me stesso per riuscire ad andare insieme verso l’infinito e oltre».
E un messaggio per il pubblico, sempre numeroso, dei concerti del Como Gospel Choir?
«L’obiettivo principale è che un nostro concerto possa essere d’ispirazione per chi ci ascolta. Che il pubblico torni a casa arricchito, ispirato, anche “provocato”: la musica deve smuovere qualcosa dentro. E vorrei che esca fuori il meglio di noi».
Soprani Sezione vocale
Contralti Sezione vocale
Tenori Sezione vocale
Bassi Sezione vocale
Musicisti Band
Fonico Crew